Nell’ambito dell’elaborazione del piano per l’introduzione e realizzazione del Sistema europeo di garanzia per i bambini vulnerabili, la Commissione europea ha commissionato uno studio per analizzare la fattibilità dello schema.
Lo studio è stato realizzato dal consorzio composto da Applica e dall’Istituto lussemburghese di ricerca socioeconomica (Liser), in stretta collaborazione con Eurochild e Save the Children, nonché con il supporto di nove esperti tematici, 28 esperti nazionali e un curatore indipendente dello studio.
Lo studio ha messo in evidenza che 23 milioni di bambini, nel 2018, erano a rischio di povertà o esclusione sociale all’interno dell’Unione europea. Lo studio inoltre ha analizzato le condizioni per l’implementazione di questo schema, e valutato se lo stesso porterebbe un valore aggiunto all’Unione e agli stati membri, nonché se possa rappresentare uno strumento aggiuntivo utile ed efficace in termini di costi e risultati. Lo studio si concentra su 4 specifici gruppi di minori socialmente vulnerabili che sono conosciuti per essere particolarmente esposti alla povertà e a rischi per il loro benessere:
- minori che vivono in istituzioni;
- minori con disabilità;
- minori provenienti da un contesto migratorio, inclusi i minori rifugiati;
- minori che vivono in situazioni familiari precarie.
I risultati evidenziano che solo 7 stati membri dell’Ue – Danimarca, Germania, Estonia, Latvia, Slovenia, Finlandia e Svezia – garantiscono un posto nei servizi pubblici per la prima infanzia per ogni minore dai 6 ai 18 mesi d’età.
Nel 2017, per i minori con meno di 3 anni d’età, la percentuale di frequenza è stata in media pari al 33% per i 28 stati membri dell’Ue. Questo è uno degli “obiettivi di Barcellona” che è stato raggiunto a livello Ue, seppur persistano differenze considerevoli fra gli Stati membri.
In 11 stati membri, più di un terzo dei minori ha frequentato un servizio di cura formale. In 6 stati membri, questa percentuale ha raggiunto il 50% o più: in Danimarca, Olanda, Lussemburgo, Belgio, Svezia e Francia. D’altra parte, in 3 stati membri la frequenza è meno del 10%: in Bulgaria, la Repubblica Ceca e Slovacchia.
Da diversi contributi della letteratura, emerge inoltre che ci sono alcuni fattori che sono più frequentemente associati a una partecipazione minore nell’offerta di servizi per la prima infanzia:
- una condizione socioeconomica bassa, incluso un livello basso di educazione dei genitori, un reddito familiare basso o disoccupazione dei genitori;
- un contesto di minoranza etnica, in relazione con la lunghezza del periodo di residenza dei genitori nel paese di accoglienza;
- vivere in un quartiere povero, in aree rurali o in ambienti marginalizzati.
In tale contesto, la Garanzia europea per i minori dovrebbe:
- aumentare l’accesso ai servizi pubblici, incluso per i minori con genitori che soffrono gravi svantaggi economici (es. disoccupazione);
- assicurare che i servizi per l’infanzia promuovano, in particolare, lo sviluppo socioemozionale dei minori.