Intervento della Ministra Elena Bonetti agli Stati Generali della Natalità

14 maggio 2021

Saluto della Ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia

Prof.ssa Elena Bonetti

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Autorità tutte,

carissimi,

oggi, grazie al Forum delle Associazioni Familiari e al suo Presidente Gigi De Palo, al quale va la mia gratitudine, siamo tutti convocati agli Stati Generali della Natalità.

Natalità è prima di tutto nascere a qualcosa, e oggi l’Italia è chiamata a nascere a un “nuovo inizio”, un tempo nel quale l’umanità possa compiersi tutta, davvero, in tutti i suoi aneliti. E negli aneliti della nostra umanità c’è, forte, il desiderio di vita, di vita nuova, di generatività.

Sono convinta che il compito della politica e delle istituzioni sia portare a realtà una buona notizia. Qual è oggi, sulla natalità, la nostra buona notizia da cui ripartire?

La buona notizia è che c’è una vita per la quale vale la pena spendersi, che costruisce comunità, che dalla solitudine di individui porta le persone dentro la comunità, perché è nella relazione che si realizzano i desideri e la libertà di ciascuno, perché è nella relazione che ci si compie.

Essere famiglia, essere madri e padri chiede tanti sì. La denatalità è il segno di un’umanità che davanti a questi sì è costretta ad arretrare e a rinunciare. Stiamo privando le donne e gli uomini di quella prospettiva necessaria per trovare il coraggio di rischiare, malgrado il desiderio di figli ci sia e sia grande, per la paura di rimanere soli e non trovare aiuto, per l’incertezza economica, lavorativa, abitativa. È il segno che abbiamo condannato una generazione a non avere la libertà di dire sì e di scegliere. Per le donne, questa libertà significa poter scegliere insieme il lavoro e la maternità e non essere costrette, come troppo spesso accade, a rinunciare all’uno o all’altra.

La domanda che la denatalità pone alla politica è: quale società vogliamo per queste generazioni.

Certamente dobbiamo saper prevedere, ma alla politica spetta, dopo aver previsto, anche precedere. Vogliamo dare prospettiva di realtà ai desideri di tutte le donne e gli uomini, offrire la concretezza di una comunità dove questi desideri non solo vengono sostenuti ma diventano, nel farsi progetto, un impegno collettivo. Vogliamo precedere, fare il passo di chi apre il cammino per il bene. È il primerear, quella parola tra le prime con cui il Santo Padre ci ha conquistato, e che è la dinamica feriale della cura. Una famiglia è il luogo in cui questo prevedere e precedere, continuamente e per amore, si fa vita quotidiana, e quel vissuto è la storia delle bambine e dei bambini, degli anziani, delle donne e degli uomini del nostro Paese.

Non si tratta solo di riconoscere una condizione che è ormai sotto gli occhi di tutti, di prendere coscienza di previsioni che da anni l’allarme dei demografi denuncia. Non possiamo limitarci al necessario calcolo della non sostenibilità economica per un Paese in declino demografico. Più e prima della ferita da sanare c’è il desiderio a cui dar vita. È il tempo di riconoscerlo, questo desiderio inespresso, che c’è: riconoscere il nostro bisogno di avvenire e di speranza, conoscere di nuovo una realtà a cui possiamo ancora dare un’altra direzione e imporre una svolta.

Riconoscere che singole misure a tempo, precarie, sono inefficaci. Alle giovani famiglie serve visione, fiducia, stabilità di misure: meritano dal Paese un intero piano che le accompagni. Per questo è servita un’intera e integrata riforma delle politiche familiari, la prima nella nostra storia: il Family Act. L’abbiamo proposta e scelta come asse nel percorso di ripartenza e resilienza, perché rimette al centro della storia e delle scelte pubbliche le bambine e i bambini: i piccoli; li riconosce come bene comune, esige investimenti per la loro educazione, promuove corresponsabilità paritaria nelle famiglie, investe nel lavoro femminile e insieme nella valorizzazione della maternità, promuove l’autonomia dei giovani. Con chiarezza oggi va detto che siamo impegnati ad attuarla integralmente e che servono il coraggio e l’impegno di tutti. Questo coraggio di riconoscere, di precedere, di indicare una direzione e di accompagnare lungo la strada, non lasciando indietro nessuno, è il nostro compito. È il compito della politica, ed è il compito di servire la speranza, aprire strade di giustizia, di dignità, di libertà vera. Qui ed oggi, per le giovani e i giovani del tempo che ci è consegnato.

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